Ellagitannini da Castanea sativa Mill.: gli estratti delle foglie di castagno hanno un’azione antibatterica specifica verso Helicobacter pylori e riducono l’infiammazione in cellule epiteliali gastriche umane

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Nutrients  evidenzia che due ellagitannini contenuti nelle foglie di castagno avrebbero un ruolo importante nell’interazione tra H. pylori ed epitelio gastrico umano; queste molecole bioattive hanno dimostrato di avere anche proprietà antinfiammatorie attraverso un’inibizione del fattore trascrizionale NF-kB, che svolge un ruolo chiave nella risposta all’infezione.

Ciò consente, per la prima volta, di attribuire un razionale scientifico alla standardizzazione dell’estratto di foglie di castagno in castalagina e vescalagina per il suo impiego come gastroprotettore. Le foglie di castagno vengono usate tradizionalmente per la fluidità delle mucose bronchiali e per favorire la regolarità del tratto intestinale.

Esse sono inoltre un sottoprodotto della raccolta delle castagne e lo studio si è svolto in collaborazione con il Consorzio Castanicoltori di Brinzio in un’ottica di economia circolareLe  stesse vengono impiegate per il nostro Gastalagin®, un’associazione sinergica per lenire il malessere allo stomaco causato da Helicobacter pylori. Scarica la brochure dedicata

Ellagitannini da Castanea sativa Mill.

Nuovo Regolamento UE 2022/1370 per limitare il consumo di ocratossina A

Il 5 agosto 2022 la Commissione europea ha emanato il nuovo Regolamento UE 2022/1370 aggiornando così il precedente Regolamento CE n. 1881/2006, ed ha integrato l’elenco dei prodotti alimentari che contribuiscono all’esposizione umana all’ocratossina A.

Alla base di questa decisione vi è la preoccupazione per l’assunzione di alimenti, contaminati da questa micotossina, in quantità potenzialmente pericolose per la salute umana.

Continua a leggere per scoprire quali sono le conseguenze del Regolamento UE 2022/1370 e le misure che noi di EPO abbiamo deciso di adottare per i nostri estratti.

Ocratossina A: cos’è e quali sono i rischi per la salute

La presenza dell’ocratossina A (OTA) negli alimenti rappresenta una crescente preoccupazione per la salute pubblica. In questo contesto, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – EFSA ha recentemente pubblicato un parere scientifico sulla genotossicità e cancerogenicità dell’OTA, dimostrando quanto sia importante monitorare attentamente questa micotossina. 

Ma da cosa deriva e quali sono i rischi derivanti dalla sua assunzione?

L’ocratossina A è prodotta naturalmente da alcune specie di funghi del genere Aspergillus e Penicillium, che possono contaminare i prodotti alimentari come cereali, caffè, uva passa, frutta secca, vino, spezie, erbe e radici (come la liquirizia). Questa micotossina si forma durante l’essiccazione al sole e lo stoccaggio del raccolto.

Già nel 2020, l’EFSA aveva pubblicato un parere scientifico sui rischi per la salute pubblica connessi alla presenza negli alimenti di OTA, in quanto erano emersi nuovi dati riguardo alla sua genotossicità, cioè la capacità di danneggiare direttamente il DNA, il materiale genetico delle cellule, oltre agli effetti cancerogeni, soprattutto per il rene, già noti in precedenza.

Il panel di esperti ha anche calcolato il cosiddetto margine di esposizione (MOE), cioè uno strumento usato dai valutatori del rischio per analizzare possibili timori per la sicurezza derivanti dalla presenza negli alimenti di sostanze genotossiche e cancerogene.

Tali valutazioni sono servite alla Commissione europea per decidere i livelli massimi di OTA ammessi nei prodotti alimentari. Il nuovo regolamento, infatti, sostituisce la voce 2.2 dell’allegato, sezione 2, del regolamento (CE) n. 1881/2006. Si tratta, quindi, di:

  • Introduzione di limiti per prodotti non precedentemente normati, come le  erbe essiccate ed alcune radici usate per infusioni o come succedanei del caffè
  • Estensione della sua applicazione nel caso di alcune categorie, come tutta la frutta secca
  • Abbassamento dei limiti di alcuni prodotti, come il caffè, sia tostato che solubile.

Come si  applica il nuovo Regolamento UE ai botanicals?

Il nuovo regolamento UE 2022/1370 è entrato in vigore il 1° gennaio 2023, con l’esclusione dei prodotti legalmente immessi in commercio prima di quella data e fino al termine minimo di conservazione o alla data di scadenza. I prodotti alimentari che ci riguardano da vicino sono la liquirizia, le erbe essiccate e alcuni ingredienti per infusi di erbe, in quanto citati nell’allegato (categorie 2.2.15, 2.2.16 e 2.2.17).

Tuttavia, dopo un confronto con le Associazioni di categoria e il Ministero della Salute, sembrerebbe che questo regolamento comunitario non sia strettamente applicabile alle materie prime vegetali e agli estratti prodotti da queste ultime. E’ aperto tuttora un dialogo con le Autorità al fine di chiarire tale posizione. 

Le misure di EPO alla luce del nuovo Regolamento UE

Nonostante ciò, già dalla fine del 2020 EPO ha deciso di applicare un piano di autocontrollo per il monitoraggio dei livelli di OTA nelle erbe essiccate, concentrandosi principalmente su radici, semi e rizomi, cioè le parti delle piante più a rischio di contaminazione. I dati raccolti finora hanno rilevato la presenza di OTA, ma sempre al di sotto dei limiti di legge, inclusi quelli del nuovo regolamento. Si continuerà a testare le erbe ad alto rischio ogni tre anni, così da garantire la loro sicurezza.

EPO ha anche rivisto le specifiche tecniche delle proprie materie prime vegetali e richiede ai fornitori di adeguarsi e prestare attenzione ai limiti specificati nella categoria 2.2.16 (erbe essiccate).

In conclusione, nonostante le restrizioni introdotte dal nuovo regolamento UE, EPO ha adottato misure per garantire la sicurezza dei propri prodotti e ha attivato un costante monitoraggio delle materie prime vegetali e degli estratti da esse derivati.

Restiamo disponibili ad attivare un proficuo scambio di informazioni tra tutte le parti coinvolte e a supportare i nostri clienti in caso di dubbi o qualora si rendessero necessarie maggiori informazioni sul nuovo regolamento (qualityassurance@eposrl.com).

Una nuova frontiera: l’uso dei botanicals come materie prime “green” nell’industria e nel restauro di opere d’arte

L’uso dei botanicals come materie prime “green” nell’industria e nel restauro di opere d’arte si inserisce nella crescente attenzione all’ambiente e all’utilizzo di strategie “ecofriendly”, in linea con le sfide dell’Agenda ONU 2030.

Le piante medicinali fin dagli albori dell’umanità sono state impiegate per migliorare la salute dell’uomo e degli animali, ma i botanicals possono essere usati anche in contesti diversi dalla nutraceutica; molti settori industriali si stanno muovendo in questa direzione, introducendo gli estratti vegetali nelle loro lavorazioni o come supporto ad esse. 

Ma quali sono i loro impieghi? Perché possono essere considerati green? E soprattutto qual è il vantaggio nel loro utilizzo? Continua a leggere per scoprirlo!

Cosa sono i botanicals e quali sono le loro proprietà

Le piante sono un autentico scrigno di composti biochimici, sostanzialmente divisibili in due categorie:

  • metaboliti primari o generali, come clorofilla, proteine, lipidi e zuccheri, prodotti da tutte le piante e necessari alla sopravvivenza delle cellule stesse;
  • metaboliti secondari o specializzati, costituiti principalmente da terpeni, alcaloidi e fenoli, sintetizzati nella pianta attraverso vie metaboliche specializzate e specie-specifiche (cioè caratteristiche di una specie vegetale); questi ultimi svolgono nella pianta una funzione protettiva nei confronti di microrganismi o danni fisici e chimici, ma anche di deterrenza o attrazione verso gli animali superiori.

Per le caratteristiche intrinseche delle piante, questi composti organici, che ritroviamo negli estratti o botanicals, sono biodegradabili, ecologici e rinnovabili.

L’uso industriale dei botanicals è dovuto non solo alle loro proprietà biocide, cioè essenzialmente antimicrobiche, ma anche per la loro capacità anticorrosiva, antivegetativa e di schermatura dei raggi UV.

L’uso degli estratti vegetali nell’industria nautica

Tra le applicazioni industriali degli estratti vegetali è il caso di citare quella nell’industria nautica. Gli estratti vegetali possono infatti svolgere un’importante azione di contrasto al fenomeno del biofouling, cioè la formazione di biofilm su superfici immerse nell’acqua, come quelle di imbarcazioni, strutture marine, condutture e barche. La formazione di questo biofilm, causata da organismi come virus, batteri, microalghe, funghi e protozoi, ha un costo enorme in termini di mantenimento e riparazione delle superfici coinvolte, senza contare l’aumento delle emissioni di gas nocivi, dovuto al maggior consumo di carburante per l’appesantimento delle imbarcazioni su cui si accumula il materiale organico.

L’utilizzo di un antivegetativo naturale può contribuire a controllare questo problema senza ricorrere ad agenti tossici, come il tributilstagno, che hanno impatti negativi sulla vita acquatica. Alcuni fenoli, glucosinolati e flavonoidi si sono dimostrati molto promettenti in questo campo.

Estratti vegetali come composti bioattivi negli imballaggi alimentari

Alcune matrici vegetali come foglie, fiori, frutti, semi e oli sono noti per essere fonti naturali di molecole antiossidanti e antimicrobiche atossiche, ecologiche e sicure. Per questo motivo si sta sempre più diffondendo lo studio di estratti vegetali come composti naturali bioattivi negli imballaggi alimentari e nei rivestimenti commestibili, per allungare la durata di conservazione dei prodotti, in alternativa ad additivi alimentari chimici ed artificiali. 

In questo campo sono stati sperimentati oli essenziali ed estratti di alcune piante tropicali.

Estratti vegetali: un’alternativa efficace per il restauro dei beni culturali

Altro panorama alquanto interessante è quello inerente al biodeterioramento delle opere d’arte, causato da funghi, batteri e altri agenti biologici che ne minacciano la conservazione. Molte sostanze chimiche utilizzate per il restauro possono infatti essere pericolose per le opere d’arte, per la salute dei restauratori ed anche per l’ambiente. Per questo, da alcuni anni si stanno sperimentando tecniche alternative di restauro basate su prodotti naturali. Le ricerche si concentrano su alcuni oli essenziali ed estratti con proprietà antibatteriche, antifungine, antiadesive ed antiossidanti, in grado di contrastare efficacemente il decadimento delle opere d’arte. 

Recentemente, per esempio, è stata restaurata un’opera conservata presso gli Uffizi di Firenze, utilizzando per la prima volta una miscela di idrolato di arancia amara e di olio essenziale di corteccia di cannella; si tratta de Il Silenzio di Jacopo Zucchi e questa tecnica innovativa ha permesso di rimuovere la contaminazione fungina dal dipinto con un ottimo risultato.

Anche il Timo volgare si è dimostrato capace di contrastare il deterioramento del legno causato da batteri, funghi e insetti in opere d’arte, come nel caso di una scultura in legno appartenente alla collezione Sogo Bò del Museo Internazionale delle Marionette “Pasqualino Noto” di Palermo.

Su quest’ultimo argomento puoi leggere lo studio a cui ha collaborato EPO: L’uso di Thymus vulgaris come olio essenziale e in soluzioni idroalcoliche per contrastare la colonizzazione microbica di opere d’arte in legno.

Nuovo regolamento UE per gli estratti di tè verde contenenti EGCG

Un nuovo Regolamento dell’Unione Europea limita la quantità di estratto di tè verde contenente epigallocatechina gallato (EGCG) che può essere presente negli alimenti e stabilisce nuovi requisiti di etichettatura. 

Alla base di questa decisione ci sono le preoccupazioni per la salute legate all’EGCG, una catechina responsabile di potenziali danni al fegato. Continua a leggere per scoprire le conseguenze del regolamento entrato in vigore il 22 dicembre 2022 e le misure che stiamo adottando per i nostri estratti di tè verde. 

Tè verde e sicurezza: i rischi per il fegato associati all’EGCG

Le catechine sono sostanze naturalmente presenti nelle foglie della Camellia sinensis (L.) Kuntze, la pianta del tè, ma si trovano anche nel cacao e nel vino rosso. Il tè verde si ottiene per semplice essiccamento delle foglie, che non devono subire processi ossidativi né fermentazione (come il tè nero), ragione per la quale questo tipo di tè è particolarmente ricco di catechine. La più abbondante di queste è l’epigallocatechina gallato (EGCG), che da diversi anni viene tenuta sotto osservazione dall’EFSA. 

Già nel 2018, infatti, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare segnalava che il consumo di EGCG uguale o superiore a 800 milligrammi al giorno (mg/giorno) può aumentare la probabilità di danni epatici se assunto come integratore alimentare (EFSA ANS. Scientific Opinion on the safety of green tea catechins. EFSA Journal 2018;16(4):5239 https://doi.org/10.2903/j.efsa.2018.5239). 

Gli studi analizzati hanno infatti rivelato un aumento significativo delle transaminasi sieriche, un indicatore di lesioni epatiche, nei soggetti che avevano assunto integratori di EGCG per dosaggi uguali o superiori a 800 mg/giorno. 

Ciò sembrerebbe in contrasto con gli usi tradizionali del tè verde, da sempre associato a benefici per la salute. Secondo la leggenda, il primo bevitore di tè verde fu l’imperatore cinese Shen Nung, e tuttora questa bevanda gode di ampia popolarità nei paesi asiatici, scandendo i ritmi della giornata. 

L’estratto di tè verde contribuisce al drenaggio dei liquidi corporei, all’equilibrio del peso e alla normale funzionalità intestinale. È noto inoltre per le sue proprietà toniche, contro la stanchezza fisica e mentale, e per le proprietà antiossidanti. Per uso esterno, l’estratto di tè verde è molto apprezzato in cosmetica per le sue proprietà astringenti, emollienti, umettanti, oltre che come condizionante cutaneo, tonico e filtro UV. 

Nonostante questi benefici riconosciuti, in anni recenti sono pervenute anche segnalazioni di possibili effetti nocivi legati alla catechine e in particolare all’EGCG. Diversi casi di danni epatici associati all’uso di prodotti a base di tè verde sono stati segnalati nei Paesi nordici, portando l’EFSA a esprimersi in merito alla sicurezza di questo estratto. 

Dopo le sue valutazioni, l’EFSA ha concluso che le catechine contenute in infusi di tè verde e bevande sono generalmente prive di rischi, nonostante siano stati riportati anche per gli infusi rari casi di reazione idiosincrasica, al contrario degli integratori alimentari contenenti ECGC per dosi pari o superiori a 800 mg/giorno, che possono rappresentare un rischio per la salute. In genere, sempre secondo l’EFSA, gli integratori alimentari a base di catechine del tè verde apportano una dose giornaliera di EGCG compresa tra 5 e 1.000 mg al giorno.

Il nuovo regolamento per gli integratori alimentari contenenti EGCG 

Sulla base del parere dell’EFSA, la Commissione europea ha modificato l’Allegato III del Regolamento (CE) n. 1925/2006 per stabilire dei limiti per il contenuto di EGCG. La nuova normativa stabilisce infatti un livello di assunzione giornaliera di EGCG da alimenti e integratori a base di tè verde non superiore a 800 mg/giorno

Per quanto riguarda l’etichettatura, il regolamento prevede che l’etichetta presente sui prodotti indichi di non superare la quantità totale giornaliera di 800 mg. Devono inoltre essere integrate avvertenze per i minori di 18 anni, per le donne in gravidanza o in allattamento, e una nota che metta in guardia dal consumo di altri prodotti contenenti tè verde nella stessa giornata, nonché per l’uso a stomaco vuoto.

Tuttavia, è previsto un periodo di transizione di sei mesi per i produttori: gli integratori alimentari o altri alimenti non conformi ai nuovi requisiti, ma immessi legalmente sul mercato prima dell’entrata in vigore del regolamento, possono rimanere sul mercato fino al 21 giugno 2023.

La nuova normativa prevede anche l’inserimento degli estratti di tè verde contenenti EGCG tra le sostanze sottoposte a sorveglianza da parte della Comunità Europea (cioè nella parte C dell’allegato III del Reg. (CE) n. 1925/2006). Ciò significa che le aziende interessate avranno 24 mesi di tempo, a partire dal 22 dicembre 2022, per fornire dati a favore della sicurezza di tali preparati.

Cosa cambia per gli infusi di tè verde

Nessun timore, invece, per quanto riguarda gli infusi. Gli esperti dell’EFSA hanno concluso che gli infusi di tè verde, le bevande istantanee e le bevande pronte al consumo a base di tè verde sono normalmente sicure. 

Tra la popolazione adulta dell’Unione Europea, l’assunzione media giornaliera di EGCG derivante dal consumo di infusi di tè verde varia da 90 a 300 milligrammi al giorno, generalmente inferiore quindi all’apporto degli integratori. Inoltre gli infusi e le bevande tradizionali vengono abitualmente consumate insieme ad altri alimenti e in modo frazionato durante la giornata.

La normativa non si applica pertanto agli infusi di tè verde preparati in modo tradizionale o alle bevande preparate con estratti acquosi di tè verde contenenti EGCG con una composizione paragonabile a quella degli infusi tradizionali.

Le misure di EPO alla luce del regolamento UE

Facendo seguito alla nuova normativa, stiamo adottando tutte le misure necessarie per il monitoraggio dell’ EGCG nei nostri estratti di tè verde. 

Per gli estratti secchi di tè verde prodotti interamente da EPO (codice 3131105), trattandosi di estratti acquosi, la loro probabile esclusione dal nuovo regolamento deve essere valutata in base alla destinazione d’uso. EPO ha revisionato la specifica tecnica inserendo il limite massimo di ECGC (su dati storici), per supportare i clienti nella corretta applicazione del regolamento, in funzione del dosaggio e della percentuale in formula.

Per quanto riguarda gli estratti selezionati (CODICE 3531195 e 3131150), EPO rilascia una dichiarazione nella quale viene indicato l’intervallo di percentuale relativo all’EGCG. Le informazioni si basano sui dati ottenuti dai nostri fornitori. 

Siamo inoltre disponibili a implementare il monitoraggio di ulteriori codici e a supportare i nostri clienti in casi di dubbi o maggiori informazioni sul nuovo regolamento (qualityassurance@eposrl.com).

Buon Natale da EPO

Il team EPO vi augura buone feste e felice Anno Nuovo!

Desideriamo informarvi che i nostri uffici saranno chiusi dal 24 dicembre all’8 gennaio per le festività natalizie.

Tutte le richieste ricevute in questo periodo saranno processate appena possibile al nostro rientro. In caso di necessità, si prega di contattare epo@eposrl.com

Il gusto del Natale: estratti botanici per alimenti e bevande

Cannella, zenzero, vaniglia e anice stellato sono i sapori tradizionali del Natale. Da dove provengono questi estratti naturali e come vengono utilizzati nella preparazione di cibi e bevande? Scopriamolo in questo articolo. 

Estratti botanici per il segmento alimentare

Oggi i consumatori ricercano più che mai prodotti con ingredienti naturali in grado di supportare uno stile di vita sano ed equilibrato. Gli estratti botanici giocano in questo un ruolo essenziale: non più esclusivamente destinati al mercato nutraceutico, oggi il loro uso si è allargato anche al campo alimentare. 

Questi estratti naturali possono essere utilizzati per migliorare gli alimenti in aggiunta a zuppe, salse, condimenti, yogurt e altri derivati del latte, tè e caffè, ma anche essere usati come ingredienti per dolci, biscotti, torte e altri prodotti da forno. 

In Europa il requisito fondamentale affinché gli estratti vegetali possano essere aggiunti liberamente ad alimenti e bevande è che siano stati valutati positivamente nel Novel Food Catalogue

Le piante della tradizione natalizia 

Dolce e un po’ speziato: è così che pensiamo al Natale, ma soprattutto ai suoi dolci tipici. Tra le spezie più popolari sulle tavole natalizie non possiamo non citare cannella, zenzero, vaniglia e anice stellato. Vediamo insieme quali sono le loro proprietà. 

Cannella (Cinnamomum verum J.Presl.)

Nativa dello Sri Lanka, la cannella si ricava dall’albero omonimo, un sempreverde della famiglia delle Lauracee. Le sue proprietà sono conosciute fin dall’antichità e impiegate nella medicina Ayurvedica e cinese. Grazie alla sua funzione digestiva può aiutare a lenire i dolori allo stomaco, favorire l’eliminazione dei gas e la regolarità del transito intestinale. È inoltre ricca di proprietà antiossidanti e antimicrobiche. 

Da non confondere con la cannella cinese (Cinnamomum aromaticum Nees), alternativa più a buon mercato ma potenzialmente dannosa a causa del suo contenuto in cumarina, la cannella è una delle spezie con il più alto rischio di contraffazione. Ne abbiamo parlato qui. 

Zenzero (Zingiber officinale Roscoe)

Dolcemente candito o in polvere sotto forma di gingerbread, lo zenzero trionfa sul palato con la sua fresca piccantezza. Questa spezia amatissima nella cucina asiatica è apprezzata per la sua versatilità e per le sue proprietà salutistiche. 

Lo zenzero è noto per la sua funzione digestiva: favorisce la regolare motilità gastrointestinale, l’eliminazione dei gas ed è un ottimo rimedio naturale contro la nausea. La sua azione può inoltre aiutare la regolare funzionalità dell’apparato cardiovascolare e la normale circolazione del sangue. Altri benefici sono la funzionalità articolare, il contrasto di stati di tensione localizzati e dei disturbi del ciclo mestruale. 

Vaniglia (Vanilla planifolia Jacks. ex Andrews)

Da sempre usato con successo nell’industria dolciaria, l’estratto di vaniglia deriva da un’orchidea originaria del Messico e fu introdotto in Europa dopo la scoperta delle Americhe. 

Nella medicina tradizionale, la vaniglia risulta avere proprietà calmanti e antistress, mentre la vanillina, a cui si deve il caratteristico aroma dolce, è un polifenolo con proprietà antiossidanti, in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi. È utile anche per il metabolismo dei carboidrati.

Anice stellato (Illicium verum Hook.f.)

L’anice stellato è un albero tropicale sempreverde appartenente alla famiglia Schisandraceae e originario dell’Asia orientale. Oltre che nei dolci natalizi, il suo aroma è apprezzato per la produzione di liquori come sambuca e pastis. 

L’anice stellato ha funzione digestiva e favorisce la regolare motilità gastrointestinale e l’eliminazione dei gas. Inoltre, il suo effetto balsamico è utile a contrastare i malanni di stagione, promuovendo il benessere di naso e gola e l’eliminazione delle secrezioni bronchiali. 

Gli estratti EPO per alimenti e bevande 

Uno dei campi di applicazione degli estratti botanici EPO è proprio quello degli alimenti e delle bevande. Tra i progetti più interessanti a cui abbiamo lavorato negli ultimi anni segnaliamo la collaborazione con il progetto Food NET per la creazione di alimenti funzionali destinati alla popolazione senior (cioè over 65) della città metropolitana di Milano. Alcuni dei nostri estratti, come la cannella ed OMEOlipid®, sono stati utilizzati nei prototipi di snack funzionali della linea “I semplici”. 

Riassumendo, gli estratti botanici offrono la possibilità di migliorare qualsiasi tipologia di prodotto alimentare con i loro principi attivi e di aggiungere naturalità alle ricette. Un connubio irresistibile di gusto e benessere. 

Quale futuro per la biodiversità globale?

Recentemente, la pubblicazione del report Living Planet Index 2022 del WWF ha riacceso i riflettori sullo stato di salute della biodiversità globale. Quali sono i risultati emersi e i pericoli maggiori per le specie viventi? Scopriamolo in questo articolo. 

Living Planet Index, una fotografia della biodiversità

Il Living Planet Index è un indice elaborato dal WWF che misura l’abbondanza relativa delle specie di vertebrati in tutto il pianeta. Viene pubblicato ogni due anni e fornisce un quadro dello stato di salute dell’ecosistema globale. Il rapporto 2022 rappresenta il più grande archivio di dati mai ottenuto dal Living Planet Index. 

I dati che emergono sono piuttosto allarmanti: analizzando le variazioni nella popolazione di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci dal 1970 a oggi è stato osservato un calo del 69% dell’abbondanza relativa delle specie prese in considerazione. L’America Latina mostra il maggior calo su scala regionale nell’abbondanza delle popolazioni (94%), mentre popolazioni di specie di acque dolci hanno visto il maggior declino a livello globale (83%). 

Per essere compreso a pieno, tuttavia, il report merita di essere contestualizzato. Il Living Planet Index non considera il numero totale di animali, ovvero l’abbondanza assoluta, ma la variazione in termini di abbondanza; non indica perciò il numero complessivo di specie scomparse e di estinzioni. Inoltre, il report si basa su un’analisi realizzata dalla Zoological society of London che non prende in considerazione le popolazioni di invertebrati, le quali rappresentano il 97% delle specie sul pianeta. 

Le cause della perdita della biodiversità globale

Il declino della fauna selvatica è legato a un gran numero di cause concatenate tra loro. I cambiamenti nell’uso del suolo costituiscono la più grande minaccia per la natura poiché provocano la distruzione e la frammentazione degli habitat naturali di molte specie vegetali e animali. Altre cause sono lo sfruttamento eccessivo di piante e animali, le specie aliene invasive, l’inquinamento e le minacce derivanti dall’agricoltura, dalla caccia, dal bracconaggio e dalla deforestazione. 

Negli ultimi anni i riflettori si stanno spostando sul cambiamento climatico: se non saremo in grado di limitare l’aumento delle temperature, assisteremo con tutta probabilità a estinzioni di massa. Solo per fare un esempio, un aumento delle temperature medie di 1,5°C comporterebbe una perdita del 70-90% dei coralli che vivono in acque calde, mentre un riscaldamento di 2°C porterà a una perdita di oltre il 99%.

Un documento essenziale per comprendere gli effetti del cambiamento climatico sulle specie selvatiche e sugli ecosistemi è il Sesto rapporto pubblicato nel 2022 dall’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico). Il documento, frutto del lavoro di 270 scienziati di 67 paesi, evidenzia la necessità immediata di intraprendere azioni per limitare il cambiamento climatico: 

“Analisi recenti, attingendo a una gamma di evidenze, suggeriscono che il mantenimento della resilienza della biodiversità e dei servizi ecosistemici su scala globale dipende da una conservazione effettiva ed equa di circa il 30-50% delle aree terrestri, d’acqua dolce e oceaniche della Terra, compresi gli attuali ecosistemi seminaturali.” (Climate Change 2022: Impacts, Adaptation, and Vulnerability. Summary for Policymaker, IPCC, 2022)

Lo stato della biodiversità vegetale

E per quanto riguarda la biodiversità vegetale? Uno dei rapporti più completi e recenti è lo State of the World’s Plants and Fungi 2020 pubblicato dall’ente dei Royal Botanic Gardens di Kew (il prossimo aggiornamento è atteso per il 2023). Secondo il report, 2 specie vegetali su 5 sono a rischio di estinzione; d’altra parte, solo nel 2019 le scoperte botaniche hanno registrato 1.942 nuove specie di piante e 1.886 nuove specie di funghi. 

“Non possiamo valutare se una specie è a rischio di estinzione, se non sappiamo che esiste”, affermano gli scienziati. Per questo motivo, localizzare, descrivere e classificare le nuove specie è un compito cruciale. L’uomo sfrutta per le proprie necessità un numero molto limitato di specie botaniche: basti pensare che le piante considerate commestibili sono 7.039 e solo 417 di queste sono coltivate per uso alimentare. Lo stesso vale per l’uso a fini medici o per la produzione di nuovi carburanti: il potenziale è ancora vasto e perlopiù inesplorato. 

Il report si sofferma anche sull’utilizzo di piante a fini medici e sulla necessità di trovare approcci più sostenibili per ottenere composti naturali destinati alla produzione di farmaci.  Delle 25.791 specie di piante di cui è stato documentato l’uso medicinale, 5.411 sono state inserite nella IUCN Red List of Threatened Species, il più ampio database di informazioni sullo stato di conservazione delle specie animali e vegetali del globo. Di queste 5.411 specie, ben 723 (il 13%) sono classificate come minacciate.

L’impegno di EPO per la biodiversità 

La tutela della biodiversità è uno dei pilastri del nostro codice etico. Crediamo che sia necessario ristabilire un doveroso equilibrio tra l’uomo e le altre specie viventi, legate tra loro da fili sottilissimi. Da anni sosteniamo diversi progetti finalizzati alla salvaguardia della biodiversità in ambito agronomico. Collaboriamo con Università, enti di ricerca e piccole realtà rurali per la tutela di specie vegetali e animali protette. 

Informare e agire sono per EPO due facce della stessa medaglia. Attraverso la ricerca e la comunicazione puntiamo ad alimentare il dibattito sulle tematiche della sostenibilità, mentre con i nostri progetti scendiamo in campo concretamente. Perché la sostenibilità non resti fotografata soltanto in una manciata di dati, ma si trasformi in azioni immediate e tangibili.

Supportare le difese dell’organismo in modo naturale: è possibile?

Con l’arrivo della stagione fredda aumentano le preoccupazioni per la salute. Trascorrere molto tempo al chiuso ci rende più esposti a virus e batteri, che causano infezioni delle vie respiratorie, dall’influenza stagionale all’ormai affermato COVID-19. Per difenderci dalle malattie è fondamentale avere un sistema immunitario efficiente, nonché uno stile di vita sano ed un’alimentazione bilanciata per affiancare la nostra risposta immunitaria. 

Che cos’è e come funziona il sistema immunitario

Il sistema immunitario è lo strumento di difesa del nostro organismo contro gli agenti esterni responsabili delle malattie. Si tratta di una complessa rete di sorveglianza formata da diversi organi e cellule altamente specializzate, dislocate in varie parti del corpo e messe in comunicazione dal sistema linfatico. Ciascun anello di questa catena ha una funzione precisa per mantenere l’organismo in salute. 

Un sistema immunitario ben funzionante è sempre all’erta: monitora i segnali di pericolo, riconosce gli agenti esterni grazie alla sua “memoria” ed è in grado di affrontarli quando li incontra di nuovo. È anche capace di distinguere le molecole dannose da quelle non dannose, per esempio quelle introdotte con il cibo. 

Per funzionare bene, il sistema immunitario richiede equilibrio e armonia, ma è possibile “supportare” il sistema immunitario? Si tratta di un’idea dibattuta: sebbene ci sia certamente una relazione tra risposta immunitaria, dieta, esercizio fisico, età e stress psicologico, i rapporti di causa-effetto non sono interamente evidenti. 

Stile di vita sano: la prima linea di difesa

Su una cosa l’opinione è unanime: uno stile di vita sano è il miglior alleato per mantenere naturalmente in salute il nostro organismo. La nostra routine dovrebbe essere costruita intorno ad alcune semplici regole: 

  • seguire una dieta ricca di frutta e verdura;
  • fare regolare esercizio fisico;
  • dormire un numero adeguato di ore;
  • cercare di ridurre i fattori di stress;
  • non fumare e limitare il consumo di bevande alcoliche;
  • adottare misure per prevenire le infezioni, per esempio lavarsi spesso le mani. 

Per quanto riguarda la dieta, un’alimentazione varia ed equilibrata è necessaria per il funzionamento di tutte le cellule, comprese quelle del sistema immunitario. Per quest’ultimo, si ritiene essenziale la presenza di alcuni micronutrienti, in particolare le vitamine D, A, C, E, folato, B6, B12, e quattro minerali (zinco, ferro, rame e selenio); anche glutammina e arginina svolgono un ruolo importante. 

Gli antiossidanti, molecole che aiutano a difendersi dallo stress ossidativo, contrastando l’azione dei radicali liberi, sono pure necessari; essi sono presenti in alimenti come frutta e verdura, ne abbiamo parlato in questo articolo. Molte piante sono inoltre ricche di polifenoli, altre molecole che esercitano questa funzione.

E’ inoltre nota da tempo una relazione tra sistema immunitario e microbiota intestinale, pertanto anche la salute del nostro intestino merita un occhio di riguardo.

Fare regolare esercizio fisico è un altro dei pilastri di una vita sana: migliora la salute cardiovascolare, abbassa la pressione sanguigna, aiuta a controllare il peso corporeo e protegge da diverse malattie. Contribuendo alla buona salute generale, l’esercizio fisico apporta benefici anche al sistema immunitario, ma esiste anche un legame diretto: i globuli bianchi, cioè la principale linea di difesa del nostro organismo, aumentano durante l’esercizio fisico.

È stato osservato che, con l’avanzare dell’età, la nostra capacità di risposta immunitaria si riduce, portando a un maggior rischio di infezioni. Le persone più anziane hanno maggiori probabilità di contrarre malattie infettive e riportano le conseguenze più gravi; la pandemia di COVID-19 ne è stata una drammatica dimostrazione. 

Estratti vegetali per le naturali difese dell’organismo

Numerosi studi hanno confermato che alcune piante potrebbero supportare le difese immunitarie. Un esempio è il nostro estratto di echinacea, EKINact®, prodotto interamente da filiera italiana controllata. La coltivazione avviene nelle incontaminate valli alpine del Trentino, che rendono l’estratto ancora più ricco di polifenoli, tannini e flavonoidi. Test di laboratorio hanno dimostrato che EKINact® ha proprietà immunomodulanti e radical scavenger, ovvero di contrasto dei radicali liberi. 

Inoltre, alcune piante tradizionalmente utilizzate come adattogene possono avere effetti benefici sul sistema immunitario: è il caso dell’eleuterococco, un arbusto diffuso in Siberia, Cina, Giappone e Corea, o del ginseng, la cui preziosa radice proviene anch’essa dall’estremo Oriente, o della schisandra, una bacca cinese chiamata Wu-Wei-Zi, in quanto  il suo sapore ricorda le cinque forze naturali. 

Riassumendo, il buon funzionamento del sistema immunitario è garanzia della nostra salute, non solo all’arrivo della stagione fredda, ma durante tutto il corso della nostra vita. Uno stile di vita sano ci aiuta a limitare i fattori negativi e a incrementare le nostre difese, per vivere meglio e più sereni. 

Cambio di stagione: come affrontarlo con rimedi naturali

Con l’arrivo della stagione fredda il nostro benessere psico-fisico può essere messo a dura prova. La diminuzione delle ore di luce e delle temperature può portare a un senso di depressione e di malessere generale, che in molte persone è descritto come disturbo affettivo stagionale (SAD). Scopriamo insieme di che cosa si tratta e quali rimedi naturali sono i più adatti a contrastare il cambio di stagione

Disturbo affettivo stagionale: cause, sintomi e diffusione

Le variazioni climatiche e ambientali legate al cambio di stagione possono influenzare negativamente l’organismo, con disagi sia di natura fisica che psichica. Tra i primi a studiare questo tipo di disturbo è stato lo psichiatra Norman E. Rosenthal, che nel 1984 coniò il nome di Seasonal Affective Disorder

Le cause di questo stato depressivo non sono del tutto chiare. Secondo i ricercatori, l’origine del disturbo potrebbe essere rintracciata nella diversa produzione di ormoni da parte dell’organismo a seconda della quantità di luce presente. Le persone affette da SAD possono manifestare una ridotta produzione di serotonina, neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione dell’umore. Dal momento che la luce solare aiuta a regolare i livelli di serotonina, questo spiegherebbe il legame tra malessere e cambio di stagione. Altri risultati suggeriscono invece che le persone affette da SAD producono troppa melatonina, un ormone fondamentale per il corretto ciclo sonno-veglia. 

Quali che siano le cause, nel quadro del disturbo affettivo stagionale troviamo alcuni sintomi ricorrenti

  • ansia e variazioni del tono dell’umore;
  • letargia (o, viceversa, insonnia);
  • alterazioni dell’appetito e aumento di peso;
  • rigidità muscolare e cefalea; 
  • difficoltà di concentrazione; 
  • disturbi intestinali, in particolare gastrite, bruciore di stomaco e sindrome del colon irritabile.

Nella maggior parte dei casi, i sintomi iniziano alla fine dell’autunno e scompaiono durante la primavera e l’estate. Questo fenomeno è noto come SAD invernale o depressione invernale. Alcune persone, tuttavia, possono avere episodi depressivi durante i mesi primaverili ed estivi, anche se questo è meno comune. 

A risentire dei disturbi legati al cambio di stagione sono soprattutto le donne. Interessante anche la distribuzione geografica: sono più colpite le persone che vivono nelle aree settentrionali del pianeta, come Canada, Islanda e Paesi Scandinavi, dove la quantità di luce solare è molto limitata in inverno. 

Come ritrovare il benessere durante il cambio di stagione 

Per contrastare i sintomi legati al cambio di stagione è necessario prendersi cura del corpo e della mente, adeguando abitudini e ritmi alle nuove condizioni. Occorre innanzitutto seguire una dieta corretta, ricca di frutta e verdura di stagione, praticare costante attività fisica e trascorrere il più possibile tempo all’aria aperta, per sfruttare le ore di luce. 

Laddove i disturbi si manifestino con caratteristiche tali da richiedere l’aiuto di un professionista, la psicoterapia e l’assunzione di farmaci specifici per il quadro sintomatologico possono essere raccomandati. 

Estratti naturali per il cambio di stagione

Anche la natura ci offre diversi rimedi per il cambio di stagione. Ecco alcuni estratti particolarmente indicati per affrontare il calo di energie e di motivazione, le variazioni d’umore e i primi malesseri stagionali:

  • adattogeni come Ginseng e Maca, con proprietà toniche per contrastare la stanchezza fisica e mentale;
  • EkinACT®, l’estratto di Echinacea di montagna registrato da EPO che favorisce le naturali difese dell’organismo;
  • Schisandra, una pianta tradizionalmente usata nella medicina cinese con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie che può contribuire a migliorare le performance fisiche e mentali;
  • Lavanda, ricca di polifenoli, tradizionalmente impiegata per favorire il naturale rilassamento, il sonno in caso di stress, ed anche per migliorare il tono dell’umore; 
  • BlueCALM®, il nostro estratto secco di Scutellaria lateriflora L. con attività anti-ansia e contro l’insonnia; studi in vitro hanno dimostrato che inibisce il rilascio di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”;

Visita l’area download per scaricare il nostro catalogo e i materiali informativi su questi e altri estratti naturali. 

Riassumendo, i disturbi legati al cambio di stagione sono molto diffusi e si manifestano con intensità variabile da individuo a individuo. È importante saper ascoltare il proprio corpo e prendersi cura della propria salute nei momenti in cui ce n’è più bisogno. Il cambio di stagione può essere l’occasione per ripensare i ritmi quotidiani, rallentare il passo e mettere al primo posto il proprio benessere.  

Alcaloidi pirrolizidinici: i rischi per la salute

Sostanze naturali e salute non sempre vanno di pari passo. È il caso degli alcaloidi pirrolizidinici (PA), un gruppo di alcaloidi derivanti dalla pirrolizidina che comprende composti molto tossici per l’uomo. Scopriamo di che cosa si tratta. 

Che cosa sono e dove si trovano gli alcaloidi pirrolizidinici

Gli alcaloidi pirrolizidinici sono prodotti dalle piante per difendersi da parassiti ed erbivori e sono stati identificati in circa 6.000 specie vegetali. Si trovano principalmente in alcune famiglie delle Boraginaceae, Asteraceae, Orchidaceae e Leguminosae, ma anche nelle Convolvulaceae e Poaceae e in almeno una specie delle Lamiaceae. Si stima che nel mondo il 3% delle piante da fiore contengano tali sostanze

I PA noti come PA 1,2-insaturi sono dei potenziali cancerogeni genotossici, ovvero possono causare danni al DNA nel lungo termine. Sono sospettati inoltre di avere un’elevata epatotossicità acuta e cronica. La pericolosità degli alcaloidi pirrolizidinici non è una scoperta recente: casi di tossicità epatica dovuti all’ingestione di piante come senecio, eliotropio e crotalaria sono documentati fin dagli anni ‘20. 

Al di là dei casi isolati, il pericolo si fa più esteso a causa del fenomeno della contaminazione. Molte piante PA produttrici sono infatti infestanti: crescono e fioriscono insieme alle piante coltivate e sono difficili da identificare e separare a raccolto avvenuto. 

I rischi maggiori sono quelli per i consumatori abituali di tè, infusioni di erbe e miele, ma anche il mangime per animali può esserne contaminato. Gli alcaloidi pirrolizidinici possono giungere in questi alimenti attraverso le erbe selvatiche oppure, nel caso del miele, attraverso i pollini. 

La valutazione EFSA sui rischi degli alcaloidi pirrolizidinici

Se è vero che l’uomo è da sempre esposto a tali sostanze attraverso la dieta, negli ultimi anni i PA sono stati tenuti sotto osservazione dagli esperti dell’EFSA. Nel 2011 una prima consulenza aveva valutato l’impatto sulla salute degli alcaloidi pirrolizidinici presenti in alimenti e mangimi. Era stata evidenziata una preoccupazione sanitaria per forti consumatori di miele, il solo alimento per il quale fossero allora disponibili dati sui livelli di PA. 

Le valutazioni sono proseguite nel corso degli anni, portando nel 2017 a un aggiornamento che tiene conto della presenza di tali tossine anche in tè, infusioni di erbe e integratori alimentari. L’esposizione ai PA presenti in questi alimenti rappresenta un potenziale problema per la salute umana, in particolare per assidui consumatori di tè e infusioni di erbe, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione. I ricercatori hanno stabilito un nuovo punto di riferimento di 237 μg/kg di peso corporeo al giorno per valutare i rischi cancerogeni posti dagli alcaloidi pirrolizidinici. 

Rispetto al 2011, sono stati individuati 17 nuovi alcaloidi pirrolizidinici in alimenti e mangimi che devono continuare a essere monitorati, mentre proseguono gli studi sulla tossicità e sulla cancerogenicità di quelli più comunemente presenti. 

Come prevenire la contaminazione da alcaloidi pirrolizidinici

La presenza di alcaloidi pirrolizidinici nei prodotti alimentari può essere ridotta al minimo o prevenuta applicando buone pratiche agricole e di raccolta. La raccolta manuale, per esempio, è una pratica molto utile per individuare ed eliminare le piante infestanti PA produttrici nelle coltivazioni, ma difficilmente può essere applicata su larga scala. 

A scopo preventivo, l’EFSA ha fissato un tenore massimo nei prodotti alimentari che contengono livelli significativi di alcaloidi pirrolizidinici. Per un prospetto completo, è possibile consultare l’allegato al regolamento (UE) 2020/2040 della Commissione dell’11 dicembre 2020

È stato anche fissato un periodo transitorio per i prodotti immessi in commercio prima del 1 luglio 2022, che potranno rimanere sul mercato fino al 31 dicembre 2023. 

Alcaloidi pirrolizidinici: le misure di EPO

In quanto azienda produttrice di estratti botanici, EPO si è mossa fin dal 2016 per verificare i rischi legati alle nostre materie prime, valutando per ciascun prodotto la parte di pianta utilizzata, il metodo di raccolta e la provenienza geografica. In questo modo, abbiamo potuto identificare il livello di rischio e definire misure e azioni di monitoraggio specifiche

Abbiamo condiviso queste informazioni con i nostri fornitori, coi quali collaboriamo attivamente, e con i clienti; aggiorniamo regolarmente le schede tecniche dei nostri prodotti alla luce di nuovi sviluppi del quadro normativo. Il nostro team di Quality Assurance & Regulatory Affairs è a disposizione per qualsiasi chiarimento. 

Crediamo che la ricerca e gli sforzi per una filiera più controllata e responsabile siano fondamentali per tutelare la salute di tutti, nel campo degli alcaloidi pirrolizidinici e non solo. 

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